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Oggi vi voglio parlare di un formaggio (che in realtà sarebbe una miscela di formaggi) diffuso tra la ‘P-Regione del Nord’ e la Liguria: il suo nome é Bruss (o ‘Bröss’; ‘Brussu’ o ‘Bruzzu’). Il suo consumo avviene dopo una maturazione di 20 giorni circa e si presenta (come potete vedere dalla foto) come una crema (che varia, a seconda della miscela di formaggi impiegata, dal bianco al giallo paglierino fino al verdognolo).

Il formaggio pare venga già citato nell’ ‘800 nel grande dizionario Piemontese-italiano: “Specie di cacio fortissimo, fatto con altro cacio vecchio ed assai fermentato, impastato con acquavite, burro e altre droghe, che poi si chiude e si conserva in scatolette”.
Esso nasce dall’esigenza di recuperare vari formaggi come robiole, ricotte o formaggi a pasta dura/semidura (quello in foto é esclusivamente fatto con la Rocchetta – una tipologia di toma dell’Alta Langa – e senza acquavite [o Cognac che alcune famiglie aggiungono] – ogni famiglia ha una sua ricetta specifica di Bruss e infatti ogni “Madre” di Bruss é diversa dall’altra).
Infatti, nelle famiglie contadine quando rimaneva sul tavolo una fetta di formaggio la si metteva da parte per fare questo formaggio.
Normalmente alla pasta composta di formaggi viene aggiunta una pasta madre – pasta fermentata che innesca il processo fermantativo. Alcune madri sono talmente vecchie da avere centinaia di anni (la madre di questo bruss non so quanti ne abbia – so che questo bruss ha oramai quasi 10 anni). Alcune tipologie di Bruss sviluppano addirittura il verme (mi viene spontaneo pensare al casu marzu, ma non voglio dire cavolate…).

Peraltro: ho scoperto che é riconosciuto come P.A.T (Prodotto Tradizionale Agroalimentare). Viene consigliato di consumarlo con il pane di Triora (paese dell’entroterra ligure famoso per i suoi processi per stregoneria) e l’erbaluce di Caluso (vino passito delle zone del Canavese, in provincia di Torino)